Un giorno è arrivato in redazione il comunicato di un associazione di quartiere
di Roma. Annunciava un incontro sulla globalizzazione e il consumo etico.
Era una iniziativa organizzata da un quartiere, quindi forse non valeva la pena
farci un servizio. Invece con un collega ci siamo detti:è una cosa piccola, ma
è se è buona può essere un'idea, uno timolo per altre idee simili. Abbiamo
partecipato perciò a quell'incontro e la cosa si è rivelata molto interessante.
Non è poca cosa infatti che gente comune, dopo una manifestazione
per la pace organizzata nel periodo della guerra in Iraq, abbia sentito di
avere dentro di sé in quanto comunità una grande ricchezza e abbia deciso di
valorizzarla costituendosi in associazione permanente allo scopo di promuovere,
prima di tutto per gli abitanti del quartiere stesso, attività di educazione
alla pace e alla responsabilità.
Capita dunque che dopo servizi che sembrano bollettini di guerra, perché uno
dopo l'altro raccontano le tragedie che colpiscono l'umanità, nel nostro
radiogiornale ci sia un servizio di segno opposto che vuol far prendere una
boccata d'aria a chi ci ascolta. A volte, per la forza del contrasto, è come un
benefico pugno nello stomaco, eppure sono convinta che non sia una stonatura.
Una sera ad esempio non c'erano che notizie di violenze in Iraq, in
Afghanistan, in MO e alla fine un'intervista sui 40 anni di Loppiano, la
cittadella del Movimento dei Focolari vicino a Firenze, intervista che
testimoniava la certezza del mondo unito. Parole in apparenza stridenti con la
realtà. Eppure è su questo che, penso, bisogna cambiare mentalità.
Perché la realtà non è solo fatta di cattive notizie, ma anche di quelle buone.
La realtà per essere vera deve essere completa, non parziale. Informare,
dunque, significa dire questo e quello, essere onesti con chi ascolta. E'
l'amore per la verità e per l'ascoltatore che deve costringere a non ignorare
pezzi di ciò che esiste, anche se sono più nascosti e devi andarteli a cercare.
Mi viene in mente ad esempio un servizio su un progetto realizzato in Kosovo in
cui, attraverso il teatro, persone di diverse etnie imparavano di nuovo a
convivere superando l'odio accumulato negli anni recenti di guerra, o ancora
un'intervista che testimoniava la stima cresciuta tra cristiani e musulmani in
Algeria dove persone appartenenti alla due religioni portano avanti insieme
alcune attività.
Una ricerca che, mi pare, ha molto a che fare con una tensione personale
a vivere, momento per momento, un atteggiamento interiore di ascolto, di vuoto
di sé, di accoglienza con colleghi, collaboratori, addetti stampa e, non
ultimo, proprio con le persone a cui arriverà il lavoro di quel giorno che
devono sentirsi rispettate e sostenute nel difficile compito di dare senso ai
fatti che accadono.
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