Rivolte in Nord Africa ed Edc
Abbiamo chiesto un parere a Luigino Bruni
di Antonella Ferrucci
In questi giorni abbiamo ricevuto una mail da una ragazza siriana che dopo aver studiato economia e finanza, aver lavorato per la Banca mondiale ed il programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP) su progetti per lo sviluppo e la riduzione della povertà nel suo paese, avendo la consapevolezza della portata limitata di queste azioni, continua a sognare di poter fare qualcosa di più efficace per la sua terra. Venendo a conoscenza del progetto edc, e riconoscendone il valore, lei ci chiede: “perché non possiamo fare la stessa cosa nel nostro paese?" Ora, come non pensare a quanto sta avvenendo oggi nei paesi del Nord Africa ed in Medio Oriente per mano dei giovani?
Chiediamo a Luigino Bruni cosa pensa si possa dire in merito, dal punto di vista di Economia di Comunione.
LB: Anche se l’economia sembra oggi distante da quanto sta avvenendo in Medio oriente, dove i protagonisti sono i nuovi media (chi avesse ancora delle riserve contro i moderni media dovrebbe oggi fare un serio esame di coscienza ..), non dobbiamo dimenticare che il primo evento da cui è partita tutta la protesta nel Nord Africa è stata una impennata dei prezzi dei generi alimentari che ha accentuato una crisi economico-sociale latente da decenni in questi paesi, che affonda le sue radici nel colonialismo, nella gestione del petrolio e delle materia prime e nel difficile rapporto fra paesi arabi, modernità e democrazia. E non dobbiamo dimenticare che dietro i ritardi dell’Italia e dell’Occidente ci sono ancora tanti interessi economici, che di fatto fanno sì che un dittatore possa uccidere la gente senza che nessuno glielo impedisca: io sono sempre più convinto che nel 2011 la sovranità degli Stati non sia illimitata, e le violazioni gravi dei diritti umani (come l’uccisione di chi manifesta pacificamente) debbano essere impedite dalla comunità internazionale.
Ciò che mi sembra molto evidente da quanto sta accadendo in queste settimane (che è l’evento sociale più importante dalle torri gemelle ad oggi) ha anche a che fare con una ricerca di una via alla modernità, al mercato e alla democrazia che non sia solo imitazione del modello capitalistico individualista occidentale. Questo mi è stato chiaro ed evidente nel mio recente viaggio in Africa: tutta una parte dell’umanità, rimasta fuori dallo sviluppo economico e sociale del ‘900 da una parte è sempre molto attratta dalla ricchezza e dalla libertà individuale, ma dall’altra ha anche un profondo timore di perdere la propria identità e le proprie radici culturali ed identitarie.
E anche se la nostra piccola Economia di comunione può sembrare distante da queste centinaia di migliaia di giovani che scendono in piazza contro i dittatori, in realtà sono convinto che chi oggi lavora per una economia di comunione di fatto è a fianco a loro a lottare nelle piazze perché in modi diversi stiamo cercando un’altra via allo sviluppo che sia inclusiva, democratica e di comunione. E il coraggio e l’amore per la libertà che porta queste persone a rischiare e a dare la vita, deve ricordarci che se anche noi vogliamo cambiare il mondo, dobbiamo essere pronti a rischiare tutto, e a dare la vita. Solo questa stessa radicalità sa attrarre i giovani, e trascinare tanti; altrimenti anche l’EdC può rischiare di restare nella periferia delle dinamiche storiche che contano e che cambiano la vita.